In epoca wurmiana (ultima delle quattro fasi glaciali dell'Era
Quaternaria) nel luogo dove sorge l'abitato di Strambino vi era
un'isoletta morenica lambita dalle acque del grande lago eporediese.
Nel corso di millenni il paesaggio trasformò la propria fisionomia da
lacustre a fluviale: il bacino balteo scavò sulla destra la bella
terrazza da Strambino verso Mercenasco mentre a sinistra, in modo
analogo, il Chiusella erodeva il terreno dell'attuale località Quilico
sino alla frazione Cerone.
Nonostante l'area presenti tracce della centuriazione romana, le
prime fonti storiche risalgono alla fine del X secolo; apprendiamo da
un atto di donazione datato 4 settembre 996
l'esistenza del borgo, di cui probabilmente Giselfredus (della famiglia
degli Avogadri) era già un dominus loci. Vicinissimo
al centro della marca eporediese, il borgo fece parte dei possessi sia
di Arduino che dei vescovi di Ivrea.
L'inizio della dipendenza di Strambino dalla Chiesa
eporediese non è noto, ma la prima attestazione risale
all'anno 1161, quando Baiamondo, Alberto ed Enrico,
figlio di Leonis Gualie Avocati de Castro, alienarono i loro beni alla
Curia, nella persona del vescovo Guido.
Per oltre un secolo Strambino, confermato nel 1223 da papa Onorio
III al vescovo eporediese, fu tra i possessi della Chiesa:
ulteriormente ripartito in piccoli feudi, fu poi assegnato ai nobili de
Castro e de Villa. Dopo la morte di Ottone de Villa nel 1244,
l'influenza di tali famiglie, sempre fedeli al vescovo, diminuì fino
all'esclusione con l'aumento del potere dei conti di San
Martino.
Come tutto il Canavese, anche Strambino subì le conseguenze delle
cruente guerre civili fra fazioni guelfe e ghibelline: le discordie tra
i nobili locali favorirono l'inserimento della casata
sabauda fin dall'inizio del Trecento. Quel
secolo fu caratterizzato dalla ribellione dei tuchini,
scoppiata nel 1391: tuic un (tutti in uno) era il
motto degli insorti che operavano "come un uomo solo".
Intanto, al volgere del XIV secolo, una nuova famiglia minacciava di
affievolire i diritti della signoria dei San Martino: i
conti Valperga Masino, che nel 1391 ottennero da
Amedeo VIII l'investitura di alcuni possedimenti di Strambino. Furono
proprio queste due famiglie, nel 1438, a promulgare di comune accordo
una nuova legislazione. Gli statuti erano divisi in capitoli che
riguardavano i più disparati argomenti: dall'elezione dei consoli, alle
risse, alle bastonate, alle ferite, agli omicidi, ai violatori,
fornicatori, avvelenatori, bestemmiatori, ladri, incendiari, froditori,
calunniatori, spergiuri, profanatori di feste...
Nel XVI° secolo nelle terre piemontesi si
scontrarono a più riprese le armate francesi e
spagnole con gravi danni per le popolazioni.
Il feudo di Strambino ed il relativo vassallaggio verso la
corona Sabauda continuarono ad esistere fino al
1797, anno a partire dal quale i Conti San Martino
divennero proprietari allodiali del castello e dei terreni
circostanti.
Il periodo di stabilità creato dopo l’invasione francese durò fino
all’inizio del XIX secolo. Infatti nel 1800 Napoleone
Bonaparte valicò il Gran S. Bernardo e, dopo aver preso Ivrea,
affrontò la vittoriosa battaglia sul ponte Chiusella, a nord-est di
Strambino.
Nel 1867 il paese venne colpito da un'epidemia di colera durante la
quale persero la vita più di 200 persone.
Nel XIX secolo Strambino ha avuto un’importante presenza
industriale tessile, che ha dato impulso al paese fino a
metà del Novecento.