La Parrochiale dei Santi
Michele e Solutore risulta essere, secondo l'espressione di Augusto
Cavallari Murat, il "simbolo di un orgoglio spropositato [...]
autoritratto della collettività agraria e bottegaia nell'attimo della
massima spinta settecentesca di promozione umana".
La fattibilità del progetto fu garantita dal cospicuo lascito
accumulato da Giuseppe Innocenti Gallinotti, il calzolaio valsesiano
che, trasferitosi a Strambino dove esercitò il mestiere di artigiano,
raccolse una fortuna tanto in denaro quanto in proprietà svolgendo
attività commerciali.
Quale primo atto per l'edificazione del tempio la comunità interpellò
l'architetto Bernardo Vittone: non soddisfatti, i committenti si
rivolsero all'architetto Carlo Andrea Rana, il quale presentò i disegni nel 1764.
Già dall'sterno il visitatore può intuire di trovarsi dinanzi a una
struttura non ordinaria: poderose cortine di mattoni, in cui spiccano
singolari contrafforti, sottolineano, insieme all'esile campanile, lo
slancio verso l'alto dell'edificio; gli stessi volumi, di colore rosso
mattone, creano poi un particolare gioco di luci e ombre che evidenziano
il verticalismo dell'edificio.
L'interno presenta una planimetria a forma di corolla
dai tenti petali. Il corpo centrale, le quattro cappelle laterali e
l'atrio sono di forma ellittica, mentre il presbiterio è a pianta
circolare. Da questo si accede alla cappella ottagonale della Madonna del Rosario
tramite due scaloni laterali. L'ampio e armonico movimento degli spazi è
fatto risaltare dalla plasticità degli stucchi: conchiglie, cartigli,
cornici, nicchie, fregi sono illuminati dalla luce radente che penetra
dalle gigantesche finestre.
Accanto alla fastosa decorazione barocca dell'aula centrale, una
volta entrati nella cappella del Rosario si coglie un'esuberante
ricchezza cromatica in cui si distibgue il tocco neoclassico lasciato da
Ferdinando Bonsignore in alcuni bassorilievi.
Una curiosità riguarda la pianta della chiesa, la cui "bizzarria" si
intona alle fantasie barocche, piemontesi in particolare, che
ricercavano configurazioni sempre nuove e originali: la pianta diventa
un elegante disegno che vive di vita propria e spesso all'eleganza del
disegno si sposa un grazioso e imaginifico simbolismo, del tutto
barocco, che ci fa trovare in Piemonte chiese a forma di
ampolla(Cumiana), di ventaglio (Carignano), di damina settecentesca
(Agliè), di insetto (Alba), e così via. La Parrocchiale di Strambino
sarebbe a forma di rana, che fa pensare a uno spiritoso giochetto
araldico, quasi dire che la chiesa fosse il gigantesco stemma parlante
del suo architetto. La chiesa ha dunque un corpo con le sue zampette
rattrappite, come sono le zampe posteriori della ranocchia tranne quando
salta; vi è una specie di codino, che il didietro della rana mostra
anche dopo aver perso la coda da girino. Il musetto è il presbiterio,
con gli occhi sporgenti. E la coppia delle zampe anteriori, con i piedi
palmati, unendosi, formano la cappella absidale.
Al di là dell'eventuale simbolismo, il Rana e la sua chiesa sono
comunque gli ultimi esempi, rispettivamente, di architetto e di edificio
barocco. La chiesa sembra riassumere, alla fine del '700, tutte le
grandissime esperienze di quasi due secoli, codificate da nomi come
Guarini, Juvarra, Vittone, Alfieri, Gallo. Il Rana dal canto suo operò
fino ai primi anni dell'Ottocento, sempre fedele al suo delizioso rococò
e sempre riluttante ad accogliere gli squallori solenni del neoclassico
e dell'"Impero".
La Parrocchiale di Strambino è stata dichiarata dal F.A.I. monumento nazionale.